Il Codice Civile all’art. 587 definisce il testamento come quell’atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Esso è l’unico strumento che l’ordinamento mette a disposizione per poter liberamente decidere dei propri beni dopo la morte, in deroga alla disciplina canonica della successione.
Prerogativa essenziale del testamento, dunque, oltre alla sua revocabilità da parte di chi lo dispone in vita in qualsiasi momento, è la libertà del testatore di scegliere come destinare i propri beni per il giorno in cui avrà cessato di vivere.
Poiché essenziale per la validità del testamento è la libertà del testatore nel redigerlo e nel determinarne il contenuto, esso è un atto personale che non ammette l’intervento o la sostituzione da parte di terzi ovvero di rappresentanti.
Il Codice Civile impone che il testamento sia redatto in forma scritta e ammette che esso possa avere quattro forme diverse: il testamento olografo, scritto, datato e sottoscritto di pugno dal testatore; il testamento pubblico, redatto da un notaio alla presenza del testatore e di due testimoni; il testamento segreto, redatto dal testatore e ricevuto dal notaio che procede al suo sigillo; i testamenti speciali, ai quali si ricorre in situazioni eccezionali che impediscono la redazione nelle altre forme, privi dei requisiti di formalità tipici del testamento e pertanto con una validità più limitata.
Il principio di libertà del testatore in ragione del quale egli può, secondo le sue volontà, disporre dell’intero suo patrimonio in seguito alla morte, trova tuttavia un limite invalicabile ove il testatore abbia rapporti famigliari stretti (ad es. coniuge, ascendenti o figli).
Invero la disciplina della successione ereditaria garantisce sempre che, anche ove venga redatto testamento, ai prossimi congiunti del de cuius venga riservata una porzione di eredità dello stesso, la cosiddetta quota di legittima, che non può essere loro sottratta nemmeno dal testatore che manifesti una volontà a ciò contraria.
Quello che si verifica alla morte del testatore in presenza di prossimi congiunti è una sorta di divisione del patrimonio ereditario tra una quota disponibile, – relativamente alla quale il testatore può disporre come meglio crede verso i suoi eredi ovvero, altresì, verso soggetti terzi, – e una quota indisponibile destinata a coloro cui, in quanto prossimi congiunti, è riservata e garantita dalla legge una parte del patrimonio del defunto (relictum + donatum).
Requisito fondamentale del testamento è quindi la necessità di bilanciare, da una parte, la libertà di disporre del patrimonio post mortem da parte del testatore secondo la sua esclusiva volontà e, dall’altra parte, quella di garantire ai prossimi congiunti del de cuius (ascendenti, discendenti, coniuge ecc..) una porzione di eredità riservando loro la c.d. quota di legittima.
Il testamento, dunque, può diventare strumento non solo di tutela del patrimonio famigliare latamente inteso quanto, piuttosto, delle relazioni famigliari posto che, se correttamente redatto verosimilmente con l’aiuto di .professionista all’uopo deputato, realizza gli i diritti gli interessi e finanche i desideri di tutte le parti coinvolte.
Ipotizziamo il caso di Tizio, sposato con Caia; i due hanno un figlio, Sempronio.
Tizio è altresì legato da uno stabile e profondo rapporto di amicizia riconoscenza e stima a Mevio, amico sfortunato vittima di una serie di vicissitudini incresciose, al quale pertanto vorrebbe garantire, alla propria morte, una fetta del suo patrimonio.
Tizio decide allora di redigere testamento.
Al fine di realizzare la mediazione più sopra descritta, Tizio dovrà riservare alla moglie Caia e al figlio Sempronio la quota indisponibile del proprio patrimonio, in ragione del rapporto di coniugio e di filiazione con i due, la c.d. quota di legittima pari ai 2/3 (art. 542 c.c.) – 1/3 per ciascuno -; egli potrà tuttavia decidere di nominare altresì proprio erede l’amico Mevio, disponendo in suo favore di parte della quota disponibile (pari a 1/3) del patrimonio, senza pregiudizio alcuno della quota di legittima o di riserva di moglie e figlio.
Laddove il testatore redigesse testamento senza il rispetto delle quote riservate agli eredi legittimi ovvero non riconoscendo la qualità di erede a coloro ritenuti tali secondo la legge, il Codice Civile concede delle azioni giuridiche a garanzia dei relativi diritti ad impugnazione del testamento stesso.